Azzurro Cucine & Co.
Via Roma, 312h Prato
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Prima della guerra, negli anni ’30 del 900 il nonno faceva il boscaiolo sulle colline intorno ad Empoli, partiva da casa guidando un gruppo di uomini che salivano nei boschi con le asce in spalla e un po’ di mangiare nella bisaccia. Andavano a Roveta, a Sammontana o più lontano se serviva la legna. Giorni e settimane per selezionare e tagliare. Alcune parti, le migliori dell’albero, diventavano legno per mobili, le altre servivano per farne legna da ardere e carbone. La legna da ardere era l’energia che serviva a produrre vetro e bicchieri, un’industria che già al tempo era una eccellenza nella zona empolese. Poteva capitare, in quegli anni magri, che invece del denaro contante, la vetreria proponesse un pagamento in natura: in cambio della legna il vetro, cioè bicchieri, impacchettati in confezioni da sei. Il nonno stava con la grande famiglia non lontano dal ponte sull’Arno all’ingresso di Empoli. I bicchieri in vetro, che venivano venduti nei mercati e nelle piazze, stavano disposti in colonne e impilati uno sull’altro, dal pavimento al soffitto. Dietro il letto, dietro l’armadio, dietro il comodino in camera da letto. In quella casa c’erano bicchieri ovunque. “ Se non si stava nel bosco, si andava in giro a vendere bicchieri.”
Nell’estate del ‘44, il fronte si fermò a lungo sulle rive dell’Arno. Prima la battaglia dal cielo con bombardamenti sui ponti e le ferrovie da parte degli Alleati, poi la dura battaglia in terra. La zona intorno al ponte sull’Arno, a Empoli, fu quasi rasa al suolo. Il nonno e la nonna erano sfollati in campagna, così quando rientrarono a Empoli e videro tutta quella distruzione pensarono subito ai bicchieri. Li vedevano già tutti rotti e il loro piccolo tesoro disperso in miliardi di inutili pezzetti di vetro. Miracolosamente però la casa era in piedi. I bicchieri stavano ancora tutti al loro posto, file su file dal pavimento al tetto: intatti.
Se prima della guerra, i bicchieri, erano oggetti di poco valore, adesso dopo il passaggio della guerra, erano introvabili. Il mondo capovolto: guerra e distruzione aveva trasformato il quotidiano in straordinario. Svelto di pensiero, il nonno mette via il cappello da boscaiolo e si butta a capofitto nel mondo tumultuoso del dopoguerra: una scia di vitalità, di energia e di voglia di vivere che contagia chi è rimasto. La vita riparte, l’economia gira e allora brindiamo, fuori i bicchieri! Cin! Cin!
I bicchieri diventano soldi, i soldi diventano magazzini, i magazzini si riempiono di mobili. In poco tempo il nonno apre 11 magazzini di arredamento e forniture per la casa: non sono più solo vetri e bicchieri ma anche sedie tavoli e forniture, mobili. Tutto sembra possibile in quegli anni. Oltre ai negozi di arredamento si avventura con successo nell’immobiliare.
Dopo l’euforia degli anni ‘50-’60, arriva il brusco risveglio degli anni ‘80. Con la prima grande crisi energeitica e il rallentamento dell’economia. Nel 1978, il nonno cambia ancora, lascia tutta l’attività dell’arredamento ed i magazzini ancora attivi ai dipendenti per dedicarsi ad altro. Non poteva certo immaginare che, quasi dieci anni dopo, volessi ripartire proprio dove lui aveva lasciato, e cioè dai mobili, dalle forniture, dai complementi di arredo. Il vetro ha molte qualità che lo rendono simile all’uomo, può essere fragile ed imperfetto, ma è anche forte e trasparente, e può rinascere tante volte, ogni volta cambiando forma. Così almeno penso io.
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